Etimologia dello scandalo: benvenuti a Tabularasa

da www.strill.it

di Josephine Condemi – Scandalo. Dal greco skàndalon, “ostacolo, inciampo”. Qualcosa che fa cadere, dunque. Ma chi cade? E da che cosa? Dall’Olimpo dei potenti,  dalle nuvole del “va tutto bene”, dalla linea retta delle “magnifiche sorti e progressive” o tutto questo insieme? Chi cade? Solo chi è colpito dallo scandalo o anche chi lo osserva? Si direbbe entrambi, in maniera diversa. 

Anticamente, lo scandalo si riferiva ad azioni che davano il cattivo esempio, che erano quindi d’intralcio all’autorappresentazione della comunità, che facevano “cadere” l’ideale del “come dovremmo essere” quindi del “dove stiamo andando”, che creavano turbamento. Lo scandalo turba, perché ci mette allo specchio, spezza per un attimo la linea di demarcazione tra “buoni ” e “cattivi”… ci fa cadere. Ma visto che lo scandalo ha dimensione comunitaria, osservare significa già decidere  (de-caedere, quindi “tagliare via”qualcosa, selezionare, ritagliare lo sguardo)  chi e cosa è caduto (e ci fa cadere). Recita un antico proverbio indiano: “Se un albero cade nella foresta e nessuno se ne accorge, chissà se è caduto”.

E’singolare la corrispondenza etimologica dello “scandalo” con un altro termine, “caso”, anch’esso “caduta, cadere”. Lo scandalo è il caso che crea turbamento. Intendendo però come “caso” non un “avvenimento fortuito” (“è stato un caso”: quante volte l’abbiamo sentito dire? ) ma un episodio inserito in una narrazione. La nostra. Ma se “non esistono più grandi narrazioni”, se “i media sono i narratori del contemporaneo”, e i media sono fatti di persone, che idea abbiamo noi del “chi siamo” e del “dove stiamo andando”?  Cos’è che ci turba, come persone e come comunità?  Abbiamo ancora la capacità di turbarci?

Lo scandalo ha dimensione comunitaria, abbiamo detto. Nasce per segnalare “anomalie” e quindi riaffermare in seguito la “normalità” sulla base dell’autopercezione. Ma se l’autopercezione non comprende la dimensione comunitaria, se le “anomalie” diventano la “normalità”,ha ancora senso lo scandalo?

La “pietra dello scandalo” nell’antica Roma era nata per sostituire una legge che faceva uccidere o ridurre in schiavitù i creditori morosi. Bastava sedersi su una pietra e gridare di svendere i beni. In questo modo, si ricomponeva l’equilibrio nella comunità. Ma gli scandali attuali nascono per “lapidare” o per segnalare un problema? Qualcuno ha lanciato la pietra per fare cadere qualcun altro o no? Bisogna avere occhi per guardare.

Magari in periferia, da sempre specchio (più o meno deformante) e porta (più o meno serrata) di una nazione. Anche perché, continuando con i detti indiani, “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”…benvenuti a Tabularasa.

2 thoughts on “Etimologia dello scandalo: benvenuti a Tabularasa

  1. Pingback: Frames culturali, democrazia e sviluppo tecnologico: Foa, Gilioli, Pieranni, Rossano a Tabularasa « Sguardi e prospettive

  2. Mi sono chiesta che cosa oggi, data l’eterogeneità dei “contenuti” che la società ci offre, possa essere qualificato “scandalo”.
    I telegiornali, i giornali, il web non risparmiano immagini squallide, tutti li osservano e nemmeno i bambini si scompongono…
    Forse è scandaloso altro o lo scandalo non esiste più? Io propendo per la seconda, nulla ci turba e non so fin a che punto ciò possa dirsi positivo..

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