Chiara Gamberale: “Scopriamo insieme le luci (e le ombre) nelle case degli altri”

da www.strill.it

di Josephine Condemi – Vado a prendere Chiara Gamberale all’aeroporto di Lamezia Terme. Durante il viaggio in auto verso Reggio, facciamo questa chiacchierata, quanto mai piacevole.  L’autrice è stata invitata dal Rhegium Julii a presentare il suo nuovo romanzo “Le luci nelle case degli altri”, ambientato in un condominio dove ad ogni piano corrisponde una tipologia di famiglia diversa. La Gamberale non si risparmia, è un fiume in piena anche se per rispondere deve torturare l’ anello che porta alla mano destra. L’immagine che mi viene in mente mentre parliamo, con tutti i dovuti distinguo, è sempre più quella de “I sonnambuli” di Koestler. Mi fermo qui (chi vorrà, potrà approfondire autonomamente)…La parola all’autrice.

Partiamo dall’esergo del romanzo, tratto da “Stranezze” di Sandro Penna…“Talvolta, camminando per la via,/ non t’è venuto accanto a una finestra/ illuminata dire un nome, o notte? / Rispondeva soltanto il tuo silenzio. /Ma le stelle brillavano ugualmente”. L’esergo ha un valore fondamentale in un volume…non è mai posto a caso. Magari lo scrittore ce l’ha già in mente prima di scrivere il testo, magari viene dopo…
Sì, l’esergo ha ovviamente molto a che fare con il libro, per analogia o contrappasso è già il libro, è la seconda frase dopo il titolo. In questo caso si è trattato di un regalo, nel senso che “Le luci nelle case degli altri” era pronto e non aveva l’esergo.  Non lo trovavo perché in questo libro sono talmente tante le dimensioni che mi sarebbe piaciuto evocare… Una sera a cena con persone conosciute in quel momento, amici di mio marito, mettendoci a parlare Fabrizio Fantoni, un esperto di poesia, mi dice: “Sai, c’è questo verso bellissimo di Penna, tratto da un inedito uscito da poco”..Non gli avevo chiesto di mandarmelo ma lui, con la generosità della vera poesia , me lo ha fatto trovare il giorno dopo via mail. Ed era il mio esergo. Certe cose le riconosci. A me fa sorridere quando, è capitato in altre interviste, dicono “il libro prende spunto da una poesia” perché non è così. In realtà,  ci si incontra.

La casa editrice ha un po’ giocato sulla frase “Viviamo tutti all’oscuro di qualcosa che ci riguarda”, ponendola sulla quarta di copertina…tu conduci un programma su Radio2 che s’intitola “Io, Chiara e l’Oscuro”… insomma, quest’ “oscuro” ritorna sempre… che rapporto hai?
Sì, ma anche qui, ti giuro su quanto ho di più caro che non è stata proprio la casa editrice! Questa è la frase del libro che la protagonista, Mandorla, si ripete come un mantra, fino a non avere più paura di quest’“oscuro” anzi, capendo che è in parte benedetto quello che non sappiamo nella misura in cui ci protegge…Io veramente me ne sono accorta dopo di questa assonanza… Certo, ora dopo la prima, la seconda risposta  dirai, “Questa dorme”, è invece veramente è stato così. A volte sembra che quando vuoi evitare qualcosa, la butti dalla porta (a proposito di condominio) e rientra dalla finestra… anche perché nascono da esigenze così diverse! “Io, Chiara e l’Oscuro” è nato giocando sul titolo del film ed è un titolo felice anche per questo. In effetti quando fui chiamata a fare radio l’idea era che io portassi lì le atmosfere dei miei libri. Di sicuro tutti i miei libri hanno tutti a che fare con l’Oscuro ma anche con “Il ben ch’io vi trovai”,come disse Dante: passare attraverso l’inferno proprio per scoprire le luci.

Ho notato che i colpi di scena nel romanzo non vengono mai “teatralizzati”, avvengono “naturalmente”, come se la vita fosse un insieme di colpi di scena che vanno accettati per quello che sono…è un’impressione o c’è una visione simile dietro questa scelta?
No, certo,  anzi ti ringrazio perché in effetti il mio scopo era proprio questo. Io come scrittrice ho deciso che anche il grande colpo di scena finale viene in secondo piano, perché il mio libro non è solo un giallo. C’è il giallo emotivo, ma alla fine è la vita la vera posta in gioco. Anche gli altri colpi di scena, cioè quelle porte che la protagonista, Mandorla, non dovrebbe aprire e invece apre, sono proprio quei momenti epocali della vita di cui parlavi. Secondo me la nostra vita è fatta sia di questi momenti in cui scopriamo delle cose, sia di tutta una serie di anni in cui cerchiamo di scordarcele, o di convivere con quelle scoperte, per distrarci…

Di-vertendoci…
Sì, di-vertendoci. Il ritmo del romanzo non a caso è sempre più incessante. La vita se ci pensi è sempre più interessante da una parte e difficile dall’altra. Non a caso, all’inizio Mandorla è in una solitudine quasi profilattica (e necessaria, perché i bambini hanno bisogno di noia) e poi man mano sempre si complicano gli eventi fino all’esplosione finale. E i colpi di scena sono importanti quanto i momenti di metabolizzazione perché il condominio è metafora del mondo e Mandorla è un essere umano che attraverso il confronto e anche lo scontro violento col mondo scopre chi è.  Se ci pensi, anche nelle infanzie dei personaggi, non ho giocato con tutti con cose molto dolorose o molto felici, perché la vita ti si può pure rompere per eventi in apparenza banali…ognuno ha la sua soglia di tolleranza…

La radio… quanto influenza il tuo lavoro narrativo?
Mentre la scrittura è sempre stato l’argomento della mia vita (io quand’ero piccola dicevo: “Voglio fare la scrittrice”), la radio è arrivata come proposta dall’esterno. Al di là del fatto che essendo  un lavoro quotidiano, mi dà un grande equilibrio, posso dire che i temi , le dimensioni, sono gli stessi: le persone. A me l’unica cosa che interessa nella vita sono le persone, che mi fanno paura, mi meravigliano, però sono la mia grande ossessione e la mia unica passione. La radio mi influenza nella misura in cui tutto ciò che vivo mi influenza. Ho bisogno di stare in una profonda solitudine quando poi scrivo i libri, perchè è come se vivessi vissuto parte della mia vita in ascolto e quindi è come se anch’io dovessi metabolizzare dentro di me tutte queste voci che ho visto, che ho sentito, che ho condiviso…La radio è una fonte di ispirazione enorme perché ti mette a contatto con persone che altrimenti non conosceresti mai… la voce è un esercizio costante, per gli altri e per me, anche per la fatica…Ti devi sintonizzare su quello che una persona sta dicendo, da dove viene (a livello spirituale, intellettuale ed emotivo). Però devo dire che a me ispira tutto quello che incontro, e quindi, quello che succede tutti i giorni mi ispira enormemente. Sai che bello? Abbiamo fatto una puntata dove sono venute tutte le persone che si identificavano nei personaggi del libro, e abbiamo fatto una riunione condominiale alla radio…

La protagonista, Mandorla, quando si trova in difficoltà comincia a pregare a modo suo, con delle filastrocche falsamente ingenue in cui chiede sempre di “fare a cambio” con un oggetto…una di queste a un certo punto recita: “Nessuno abbandona nessuno ma tutti si stanno cercando, e poi finalmente magari infatti si trovano ”…
Io ci spero in questo. Tengo molto alle preghiere di Mandorla perché sono il momento in cui dice come sta, perché lei non è una persona brava ad esprimere come si sente, è più brava ad ascoltare gli altri…

E Chiara Gamberale?
Pure. Anche. E non a caso infatti la voce di Mandorla è sempre più raffinata man mano che cresce. Lei ci spera, che anche quando sembra che le persone stiano girando a vuoto in realtà ci sia un centro di gravità permanente, per loro stesse e per l’incontro con l’altro, fondamentale in questo libro. Almeno come aspirazione.

“Certe luci fanno più paura accese che spente”…
Sì, vero. E’ vero.

Lo so che lo sai, l’hai scritto tu…
Sì, però detta così è una bella sintesi. Certe luci sono più pericolose di certe ombre. Non lo credevo, ero una di quelle persone che pensava che più sai meno soffri, poi invece crescendo s’impara che il mistero è protettivo. Ma più che protettivo forse dobbiamo un po’ voler bene anche al mistero che c’è dentro di noi, che ci ritroviamo a far cose che non avevamo previsto in base all’idea che avevamo di noi stessi… Penso che all’ombra, al mistero bisogna guardare con un certo affetto.

Adesso una piccola provocazione…come concili la tua “passione sinistra” con la pubblicazione in Mondadori?
Ah…quando ho scritto “Una passione sinistra” devo dire che si sono offesi tutti, sia quelli di destra che quelli di sinistra, perché nessuno ci fa una gran figura… Anzi, “Una passione sinistra”, da donna di sinistra, voleva essere proprio un canto di disperazione, perché non a caso la donna radical-chic preferisce l’uomo che sa far l’amore (un po’ la metafora del governo del fare). Quello di fare la scrittrice è un sogno di per sé individualista. Io negli articoli che scrivo non mi occupo mai di politica. Osservo sempre la realtà da un punto di vista romanzesco…in questo senso la Mondadori è la migliore azienda per realizzare il tuo sogno. Se io avessi un impegno politico forte…Io sono la prima a meravigliarmi di certe persone. Però devo dire che il mio sogno è colpevole di per sé di individualismo, anche perché sono convinta,  da donna di sinistra,  di come l’antiberlusconismo fine a se stesso sia pericoloso tanto quanto il berlusconismo…sono molto desolata a livello generale… Detto questo, penso che mai una casa editrice mi abbia sostenuto tanto. E’ la terza che incontro, dopo Marsilio e Bompiani. Lo dico chiaramente: io questo libro senza di loro non avrei potuto farlo. Un tale valore aggiunto io da una casa editrice non l’avevo mai trovato. Di sicuro è un posto dove le cose funzionano.

Tu hai detto prima, “non ho impegno politico forte”…
Non ho detto così, io ho detto…vabbè, dissenti, dissenti

No, perché, io parto dalla considerazione che cultura è sempre politica…
Certo. No, io dicevo non ho un impegno politico forte nel senso che non sono una giornalista politica. Però io penso che questo libro per quanto riguarda i diritti sia una grande bandiera, perché ovviamente è il mio contributo ad una causa. Sì, in questo senso, certo che sì. In questo senso romanzesco, analizzando anche il personaggio Berlusconi, mi chiedo spesso quale scrittore italiano sia così bravo da poter fare un romanzo su di lui…forse Busi, non lo so. Però, anche romanzescamente il personaggio non funziona, perché tutta questa vita libertina personale non corrisponde ad una politica libertaria.

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